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Castello di Pusti grad

Dalle rovine del castello sul pendio sopra la valle di Lipnica si apre una splendida vista sulle verdi colline circostanti, fino alle Alpi Giulie.

Il castello di Pusti grad (Castello di Lipnica, Waldenberg) si trova ai margini della proprietà e offre una splendida vista sulle verdi colline circostanti, arrivando fino a Bled e alle Alpi Giulie con il Triglav. Dall’altro lato, la vista si estende sulle verdi foreste della valle di Lipnica e dell’altopiano di Jelovica. 

L’altura si può risalire a piedi o in bicicletta da Lancevo, Zgornja Lipnica o Kamna Gorica, da Radovljica si percorre invece il sentiero didattico naturalistico Pusti grad. 

UNO SGUARDO SUL PASSATO

Nella prima metà del XIII secolo, la proprietà apparteneva agli Ortenburg, la famiglia nobile più potente della Carniola e della Carinzia. Nel 1256 il castello divenne il centro della tenuta di Friderik Ortenburg, che possedeva anche il castello di Kamen vicino a Begunje e il paese di Radovljica. Nel XIV secolo, la tenuta passò prima nelle mani dei conti di Celje e in seguito agli Asburgo, che cederono in affitto i possedimenti di Radovljica a varie famiglie di nobili.

Nel terremoto del 1509, il castello fu gravemente danneggiato, in seguito fu distrutto da un incendio e non venne più ricostruito. Si sono conservati dei resti dell’edificio e delle mura con due torri e un fossato difensivo sui lati orientale e occidentale del castello. 

LA LEGGENDA DEL CASTELLO

La leggenda del castello parla dell’ultimo Ortenburg, Federico III. Sua moglie, Margherita di Teck, avrebbe infatti tentato di uccidere il marito con una mela avvelenata. La perfida contessa però sarebbe stata trasformata in un orribile serpente con una corona d’oro in testa che vivrebbe ancora oggi nel castello. La verità storica sembra però contraddire la leggenda, visto che Margherita di Teck morì prima di suo marito, nel lontano 1408. 

Un’altra leggenda riguarda invece una galleria segreta, che collegherebbe Pusti grad e Radovljica, passando sotto il fiume Sava, ma le ricerche archeologiche non ne hanno confermato l’esistenza.

 

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